Nello scorso numero quindici, la Rivista ha presentato il corposo lavoro monografico di Mimmo Franzinelli, edito nel 1999, dedicato all'attività dell'OVRA, polizia segreta del periodo fascista. Lo stesso Autore, per la collana Gli Archi della casa editrice torinese Bollati Boringhieri ha ora curato una nuova edizione del libro di Ernesto Rossi, Una spia del regime, edito per la prima volta nel 1956 ed ampliato in questa circostanza di ulteriore documentazione relativa anche al dopoguerra. Ernesto Rossi, pubblicista ed uomo politico, fu a capo dell'organizzazione antifascista "Giustizia e Libertà", insieme a Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini.
La vicenda di Carlo Del Re, avvocato milanese che consentì nel 1930 al regime, con la sua opera di infiltrato e di agente provocatore, di smantellare l'organizzazione antifascista di "Giustizia e Libertà", almeno per quanto riguarda i militanti di maggior rilievo operanti in Italia, ebbe grande risonanza sia nella metà degli anni trenta che, terminato il conflitto, fino ai primi anni sessanta. Ciò fu dovuto alla circostanza che gli esponenti del gruppo antifascista riparati in Francia, di grande spessore intellettuale e civile, riuscirono a smascherare immediatamente il ruolo dell'agente provocatore, viceversa pervicacemente mantenuto occulto dall'OVRA e dai Tribunali, alimentando una importante campagna internazionale che mise sotto pressione Mussolini. Inoltre, aspetti del tutto peculiari furono la personalità di Del Re e i complicati risvolti psicologici che caratterizzarono nel corso degli anni la sua figura, ove solo si pensi alle motivazioni veramente poco nobili che lo indussero al tradimento dei suoi compagni nonché alla lunga battaglia legale che questi intentò nei confronti di Ernesto Rossi, quando tutte le evidenze, nel dopoguerra anche documentali, non lasciavano certo spazi di dubbio su ciò che era accaduto.
Il contributo della ricostruzione storiografica è in realtà molto significativo per bene comprendere i meccanismi interni di funzionamento del regime. In particolare, la necessità avvertita nella prima fase del ventennio di governo di costruire prove di attività criminali per contenere ed annientare gli oppositori; l'assoluta dipendenza della magistratura dei Tribunali speciali dagli ordini dell'Esecutivo; gli effetti tuttavia drammatici sulla vita di molte persone dei metodi allora usati per eliminare il dissenso politico, come dimostra la parte del libro dedicata al suicidio di Umberto Ceva. Non va trascurata, inoltre, l'opportunità che la lettura dell'opera offre di apprezzare le profonde motivazioni civili e l'incrollabile etica che sostenevano l'antifascismo di matrice liberal-socialista che trovò a Parigi, sotto la direzione di Gaetano Salvemini, un punto forte di aggregazione nel quale si ritrovarono personaggi del calibro di Emilio Lussu, Francesco Fausto Nitti, Carlo Rosselli e tanti altri.
Fu forse proprio per amore di verità e per la profonda ferita che il tradimento di Del Re aveva provocato all'interno del gruppo, certo al di là di quanto la sensibilità politica di uomini così avvertiti aveva certamente messo in conto di ricevere dal fascismo, che "Giustizia e Libertà" e in particolare Ernesto Rossi non hanno mai spento i riflettori su questa vicenda conducendo una coraggiosa battaglia, anche storiografica, sia nei lunghi anni di confino, che videro Ernesto Rossi teorizzare il federalismo europeo per poi partecipare al Partito d'Azione, sia nel momento in cui la rivalsa giudiziaria di Del Re sembrava trovare appoggio in quelle pieghe dell'apparato che non avevano ancora preso pienamente le distanze dal regime.
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